lunedì, ottobre 16, 2006

Una vita da criceti

Segnalato da Enzo.

Fino all'età di quattordici anni ho vissuto in una casa senza frigorifero. Eppure, nonostante possa sembrare incredibile, il mio sviluppo psico-fisico non ne ha risentito. Erano gli anni Cinquanta e abitavamo in città. Nonostante ciò, non ricordo che ce ne derivassero particolari disagi, anche se eravamo in quattro bambini da crescere. E la nostra famiglia non era un'eccezione. Tra quelle che frequentavamo non c'era nessuna che avesse questo elettrodomestico.

All'inizio degli anni Sessanta, improvvisamente e in perfetta sincronia con i nostri conoscenti, abbiamo scoperto di sentirne la mancanza. Come in una sorta di disvelamento collettivo ci siamo resi conto che non potevamo più farne a meno per vivere dignitosamente. Da allora, chiunque mette su casa, lo considera uno dei pochi oggetti dal quale non si può prescindere, oltre al letto, la cucina, il tavo lo, un armadio e la televisione.

Ma qual è l'utilità del frigorifero? Beh, ti consente di conservare più a lungo i cibi deperibili, per cui puoi andarli a comprare una volta alla settimana e non ogni giorno. Tutti in fila con i carrelli davanti alle casse dei supermercati. Senza dubbio una bella comodità. Si risparmia un sacco di tempo. E di tempo ne hai sempre così poco. Sì, ma perché ne hai poco? Perché lavori tutto il giorno e in più ti ci vuole un'ora per andare e un'ora per tornare. Nel poco che ti resta, c'è il bambino da portare a nuoto, le commissioni, la casa da tenere in ordine. Sì, ma perché devi lavorare tutto il giorno? Per avere i soldi necessari a pagare il frigorifero che ti fa risparmiare tempo a fare la spesa, tutti gli altri elettrodomestici che ti fanno risparmiare altro tempo e le bollette dell'energia elettrica che consumi per farli funzionare. Li guardi, chiusi nelle loro automobili con lo sguardo perso nel vuoto, mentre affiancano la tua automobile ogni mattina negli interminabili intasamenti sulle tangenziali e sulle vie cittadine. Li rivedi ogni sera al ritorno, chiusi nelle lo automobili con lo sguardo spento, negli interminabili intasamenti sulle tangenziali e sulle vie cittadine. Se provassi a chiedere perché sono lì, a respirare fiotti di gas di scarico, ti direbbero che farebbero volentieri a meno di usare la loro automobile tutti i giorni sul tragitto casa-lavoro-casa, ma sono costretti a farlo. Non si rendono nemmeno conto che vanno a lavorare per avere i soldi necessari a comprare l'automobile di cui hanno bisogno per andare a lavorare. Se sommassero la svalutazione del capitale con i costi di gestione e manutenzione ordinaria, si accorgerebbero che assorbono cinque stipendi ogni anno. Se non hanno incidenti. E se non tengono conto di quella parte di tasse che vengono usate per costruire e manutenere le infrastrutture necessarie a far circolare le automobili, nonché per pagar e le spese ospedaliere degli incidenti automobilistici: 250.000 ogni anno, con una mortalità di 8.000 persone.


Lavorare per la crescita del Pil? Per produrre sempre più cose sempre meno utili e sempre più dannose? Per avere i soldi necessari a comprarle? Hai presenti i criceti che corrono dentro la ruota? Con l'aggravante che questo fare fine a se stesso, oltre a distruggerti la vita, comporta una progressiva devastazione del territorio, un aumento crescente dell'inquinamento, un progressivo esaurimento delle risorse, una sottrazione di ciò che è necessario a quattro quinti dell'umanità per seppellire sotto quantità crescenti di rifiuti il restante quinto di cui fai parte.


Vale la pena rileggere un passo del "Piccolo principe" di Antoine De Saint-Exupéry. "Buongiorno", disse il piccolo principe. "Buongiorno", disse il mercante. Era un mercante di pillole perfezionate che tolgono la sete. Se ne inghiotte una a settimana e non si prova più il bisogno di bere. "Perché le vendi?",! disse i l piccolo principe. "È una grande economia di tempo", disse il mercante. Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatre minuti alla settimana. "E cosa si può fare in questi cinquantatre minuti?". "Si fa ciò che si vuole…". "Io - disse il piccolo principe - se avessi 53 minuti a disposizione, camminerei lentamente verso una fontana…".


Maurizio Pallante

Fonte: http://www.carta.org/ Carta settimanale numero 35 9.10.06


6 commenti:

Anonimo ha detto...

in fondo tutti sappiamo che il mondo gira in questo modo,però non ci pensiamo e questo ci aiuta ad andare avanti.
poi qualcuno che se ne rende conto più degli altri lo scrive e tutti coloro che leggono,non potendo far finta di niente,cercano di dimenticarlo...è triste vivere in un mondo così..
gli uomini sembrano aver paura del fatto che, continuando così,in futuro le macchine prenderanno il sopravvento,ma pare che allo stesso tempo non facciano nulla per impedirlo..è l'evoluzione..

anomis

Anonimo ha detto...

E' uno dei passi più potenti del "Piccolo Principe". Un dialogo che ci libera da una condizione a cui siamo tragicamente legati. Il problema del tempo, delle ore che scorrono rapide, della costante esigenza di velocizzare la quotidianità e la costanza nel chiuderci in una bottiglia di nuove evoluzioni perdendo progressivamente il piacere di una sorsata d'acqua fresca di fontana. Somartiz.

Marco ha detto...

Meditiamo gente, meditiamo...

Marty, il riferimento al piccolo principe è obbligatoriamente dedicato a te.

Anonimo ha detto...

Come non citare Exupéry. Un libro che diventa una deliziosa analogia di vita. Grazie Zan. Somartiz.

Anonimo ha detto...

Fuggire lontano dal terzo mondo in cui viviamo, in una tribu dell'amazzonia o in un qualche villaggio centrasiatico.
Questa la nostra unica via di salvezza. Italia, Francia, America o Lituania, siamo condannati a vivere sopravvivendo a noi stessi, a quello a cui negli anni ha dato vita e adesso ce la sta togliendo

Marco ha detto...

Già già già un bel viaggio...cioè bello no perchè alla fine scopri che sei nella m......toscana.

Elio e le storie tese Maestri di vita!