

"Viaggiare è aprire una finestra sul mondo. E' la curiosità di arrivare dove finiscono le strade. Di scoprire cosa si nasconde al di là delle montagne. Andare incontro all'imprevisto. Accettare la sfida dell'ignoto per raggiungere i confini della terra."
Nella vita potrei essere un chiodo. Essere piantato, e restarmene per sempre in
quel legno. Invece ho scelto di essere un nodo: in questo modo, vengo legato da
qualche parte, ne assimilo le conoscenze, per poi sciogliermi e legarmi in
qualche altro posto.
La distanza tra spazio e tempo, ragione e delirio si confonde pericolosamente, come il turbine di suoni che si shakera sopra la mia testa, appena un millimetro più in là di quella percezione dei sensi che se ne sta lentamente scivolando via da me.
Un susseguirsi in crescendo di materiale troppo forte, conseguenza di un capodanno troppo vicino al volo del ritorno. E allora, ancora una volta in questo Delirio Istituzionalizzato, spazio all’istinto e all’irragionevolezza, mente aperta ad accogliere dentro un hard disk mentale pericolosamente già al limite persone nuove, tutte maledettamente interessanti, alcolpartydevasto e sentimenti, in una maratona incredibile che mi porta qua, adesso. Sul filo del rasoio. In un aeroporto alle 8 di mattina dopo altre due notti da aggiungere alla fedina penale.
Confuso, non solo perchè gli ultimi residui di energia vengono dirottati al cuore e non al cervello, ma probabilmente perché sto andando verso un qualcosa di non proprio ignoto.
La sensazione di paura è agghiacciante, un incubo pungente che squarcia la carne portandosi dietro la cruda realtà: la prossima volta che percorrerò questa strada (aerea), salvo non richiesti scherzi del destino, sarà quella decisiva, il momento di congedarsi da questa vita e lasciare dietro di me il ricordo di quel che fu, per reincarnarsi da un’altra parte, ancora una volta. Non è facile accantonare l’Innominabile Realtà nella malefica atmosfera di questo mattino, fatto di troppe voci decisamente italiane che mi circondano su questa panchina. Il nemico o le radici? Il ritorno o l’arrivo? Reset, cervello.
Non aiuta, non può aiutare la fredda cornice di un Duty Free, l’emblema internazionalmente riconosciuto di un ambiente sempre uguale, quell’aereoporto che cancella tutta la poesia del viaggiare livellando ogni sperduto angolo del mondo, ogni differenza tra popoli e città. Una semplicità disarmante, partenze e arrivi, Toilettes e Gates, il liquore tipico in bella mostra in vendita. Jack Daniels. Campari. Sono considerazioni di Terziani, e sia chiaro, ma chiunque abbia provato la soddisfazione di risolvere gli anagrammi di orari e destinazioni in lingue e situazioni assurde non può evitare di farle sue.
Alzo gli occhi dal computer, decine e decine di bottiglie in bella mostra davanti a me mi stordiscono in un solo momento. Mi vien da pensare che è pazzesco, che ormai la potenza dell’alcol mi riesce a travolgere senza attraversare i canali più tradizionali, proprio vero che i miei 5 sensi si stanno facendo la guerra e autoelminando.
L’unico pensiero che si affaccia nella mia materia grigia, invece, è tanto inaspettato quanto non gradito. Il futuro. Mesi e mesi di vita alla giornata, quasi “alla nottata”, hanno cancellato il più piccolo tentativo di pianificazione. E invece tra qualche ora si manifesterà la necessità di sistemare un bel po’ di tasselli, tanta roba e poco tempo.
C’est la vie, un viaggio continuo. E allora tanto vale chiudere il computer, alzarsi e ripartire. Tanto, tra non troppi giorni, sarò di nuovo nel mio estatico delirio, e allora incubi e paranoie rimarranno nel Duty Free.